Dio ci ha creati tutti a sua immagine e somiglianza, ma in modo tale che ciascuno di noi abbia un volto inconfondibile e perciò sia chiamato a dare una risposta personale alla propria vocazione. E' il miracolo della creazione e della salvezza, prodigio della fantasia inesauribile di Dio che opera nel rispetto della logica dell'Incarnazione, raggiungendo ogni persona nella sua concretezza, inserita in una società, in una famiglia, in un tempo, in un luogo, normalmente senza stravolgere le leggi costitutive dello sviluppo, che Egli stesso ha posto in noi.
Elena ha percorso tutta la sua vita in quest'ottica, attenta alle mediazioni che il Signore le poneva lungo il cammino.
Sotto l'azione dello Spirito, fin da giovinetta ha avvertito attrazione verso la bellezza della fede cristiana e della santità. Malgrado il suo delicato riserbo, alcune peculiarità femminili la fanno emergere in ogni ambiente, rendendola attraente, non solo per la sua bellezza e per la finezza del tratto, ma anche per il suo modo di parlare, di porsi in relazione con le persone, di agire. L'amore ricevuto la rende affettuosa, attenta agli altri, capace di esprimere i sentimenti di tenerezza, di amicizia, di maternità che l'abitano: “arcicarissima, carissima, dilettissima figlia mia, amica, sorella, ti saluto con tutto l'affetto di cui è capace il mio cuore”, sono espressioni ricorrenti nel suo epistolario.
Sa farsi vicina, gode nelle gioie e condivide i dolori delle persone che avvicina: “puoi credere, perché ben sai quanto ti amo, quale afflizione provo addentrandomi nel tuo dolore”, scrive a una vecchia amica a cui è morta la mamma, poi con un colpo d'ala indica Gesù, ma sempre con grande umanità: “il Signore ti ha aiutata in modo straordinario, ma adesso abbi cura di te perché Egli non sempre vuole fare miracoli…”. Al fascino spirituale si aggiunge così una freschezza genuina, frutto di semplicità interiore.
Intelligente, riflessiva, capace di animare, riesce a conservare la serenità di fondo, anche grazie ad un fine senso dell'umorismo che la rende capace di cogliere gli aspetti buffi perfino nelle situazioni più difficili; di esso si avvale per aiutare le sorelle a sdrammatizzare. Scherza, ad esempio con Giulia, sapendo che tende ad abbattersi: “Perché ti fai così poco onore a Gorizia da startene spesso indisposta? Una giovane come te che sta a letto anche il primo giorno del 1899 e in una città nuova!” Particolarmente acuta risulta la sua capacità intuitiva, qualità che la renderà capace di esercitare la sua maternità spirituale, diventando compagna di strada e guida di tante giovani ed in modo particolare di quelle che accetteranno di condividere il suo carisma, entrando nella Congregazione di Gesù Bambino, l'Istituto da lei fondato. In questo compito è molto attenta ai risvolti psicologici che possono ostacolare e favorire il cammino di crescita della persona, nella sua vocazione e missione. Sa correggere con franchezza, sempre però con bontà e tatto, per cui le prime sorelle, quando commettevano qualche infrazione, venivano corrette con tale delicatezza da uscire dall'incontro con lei con un sentimento di gioia.
Spicca particolarmente in lei il senso dell'armonia, il gusto dell'ordine, insieme all'amore verso tutto ciò che è bello, doti che coltiva fin dalla fanciullezza. Dinanzi alla natura, rimane a lungo assorta in una contemplazione silenziosa. Le viene spontaneo risalire dalle bellezze del creato al Creatore, riconoscendo in esse la mano sapiente di Lui. Così un giorno, dopo aver ammirato uno splendido tramonto, immaginando e pregustando la bellezza dell'incontro con Dio: “Che cosa sarà il paradiso, quando faccia a faccia vedremo il nostro Dio qual è in sé‚ medesimo?”, commenta rivolgendosi alla sorella Annina. Il gesuita p. Ignazio Salgari, suo direttore spirituale, si rallegra di questo atteggiamento contemplativo che la apre alla ricerca di Dio e le scrive: “Godo che tu possa contemplare il cielo, cercando lo sposo per monti e per colli, per stringerti sempre più a lui coll'amore”.
Non sono solo le bellezze naturali a colmare il suo cuore, i suoi occhi, le sue labbra di stupore per l'amore e la bontà del Signore. Ama Venezia, ricca di capolavori artistici, lei stessa coltiva e si esercita, anche attraverso maestri, nella poesia, nella pittura, nel ricamo, convinta che chi apprende ad apprezzare ciò che è bello in qualche modo affina e migliora la propria umanità, avvicinando lo spirito a Dio e a Gesù, “il più bello tra i figli dell'uomo!”. Apprezza, però soprattutto, la dignità delle persone, anche quando è offuscata dal male, restando affascinata dall'innocenza dei giovani. Essi sono “il fiore più bello nel giardino della Chiesa”, quello che andrebbe coltivato con la passione più grande, lei cerca di farlo con tutta se stessa, certa di servire Gesù in loro. La spinge l'amore, il desiderio della sua gloria, la ricerca di piacergli, entrando come Lui, con Lui nei meandri della storia.
Non evade dalla realtà, anzi spicca in lei un grande senso di concretezza, favorita dal carattere e dall'educazione. Dallo zio Giovanni, fratello del papà, apprende gradualmente l'arte dell'amministrazione che le sarà molto utile poi come fondatrice. In famiglia assume una crescente corresponsabilità nella conduzione della casa, si prende cura della formazione anche cristiana delle persone di servizio, anima i momenti di preghiera coi familiari, creando nei vari periodi liturgici un angolo in cui raccogliersi. Quando la mamma e la sorella, e più tardi il papà, si ammalano si dedica giorno e notte alla loro assistenza, con una cura ed una capacità di sacrificio non comune.
L'annunzio di pace, recato da Gesù, trova una particolare accoglienza in Elena. Impegnata a crescere nella mitezza, ha ampio campo di esercitarsi, specialmente a contatto con le quattro zie, residenti a Verona, sorelle del papà, persone non facili da trattare, spesso litigiose. Lei sola, chiamata da tutte, cerca e spesso riesce a pacificare, non senza fatica e combattimento. Per favorire rapporti sereni con loro, dopo la morte dello zio Giovanni, interpellata dal papà preoccupato per lei ed Annina a causa delle loro pretese economiche ingiuste, Elena lo rassicura, in nome di valori “più alti” della stessa giustizia.
Cerca di favorire, in quanto possibile, la comunione e la pace in situazioni difficili, perdona l'inganno del fidanzato, le incomprensioni dolorosamente ingiuste del parroco, posto dinanzi alla sua vocazione, l'infedeltà e l'ingratitudine di alcune collaboratrici e ragazze che la espongono a gravi difficoltà. Va oltre il perdono, offrendo la sua vita per chi, facendole del male, commette il male più grande: il peccato.