4 marzo - FONDAZIONE DELL’ISTITUTO
4 marzo 1884. In una ridente giornata di sole, nei pressi di S. Tomà, una gondola attende. Sulla soglia di casa, Elena, la sorella Annina, la mamma, volgono un ultimo sguardo alla casa, mentre tanti ricordi e soprattutto la memoria del papà, creano un nodo alla gola. Scegliere è lasciare, e questo costa, ma il desiderio è proteso in avanti, con la gioia di chi si accinge a dare vita a qualcosa di bello per Dio…
Assieme a loro c’è una giovane trentenne, Antonietta Gradenigo, che ha scelto di unirsi ad Elena, attratta dalla sua testimonianza e la zia Maria di Padova, sorella della mamma, contagiata dallo zelo della nipote prediletta, a cui è stata sempre vicina. Si tratta di una piccola e singolare comunità, ma tutte, in modi diversi, desiderano offrire il loro apporto con la preghiera e l’azione.…Quando varcano le soglie del palazzo, il campanile della Chiesa dei SS. Apostoli annuncia che sono le 11. Hanno con loro pochi bagagli, il resto arriverà in seguito. Il loro appartamento è al terzo piano, hanno riservato per l’Opera diversi ambienti, sia del secondo piano, sia del pianterreno. Nel palazzo, abbastanza vasto, restano ancora alcuni inquilini. Elena non ha scelto un monastero per iniziare il suo nuovo Istituto. Nel suo progetto, la nuova comunità è chiamata ad assumere la spiritualità della vita religiosa, coniugandola però con una fisionomia aperta e disinvolta, il più possibile simile a quella donne del tempo. L’obiettivo è quello di poter avvicinare le giovani con libertà. Nel fare ciò, si svincola dai pregiudizi culturali dell’epoca… La motivazione più profonda, però, Elena l’attinge dal Vangelo: “Gesù, non è nato a Betlemme? Non ha forse scelto di vivere e lavorare a Nazareth, in un’abitazione ed in una famiglia santa, ma “normale” per quanto riguarda lo snodarsi lavorativo, sociale e religioso della vita quotidiana? Palazzo Sceriman, con la sua storia e la sua maestà architettonica, non può certo essere paragonato a Betlemme, o alla casetta di Nazareth. Eppure, nel suo cuore Elena lo immagina simile ad una nuova Betlemme, in cui Cristo si farà presente, per annunciare che nessuno è completamente solo, perché il Padre si prende cura di tutti. Spera di potervi ospitare al più presto Gesù nell’Eucarestia, e pregusta la gioia di veder accorrere a Lui, “tante giovanette, giunte qui per adorarlo e per recargli i loro doni”, come i pastori ed i Magi. Fino a qui il racconto dell’inizio da “Innamorata della vera bellezza”.
Lo abbiamo riletto perché una famiglia che non conservi la memoria della sua storia, è come un albero che non ha più le sue radici e quindi non può neppure avere rami, e frutti.135 anni di storia, sono la storia di tante donne, chiamate alla sequela, inviate ad annunciare, come le pie donne del mattino di Pasqua, cioè a dire con la parola e la vita che il Signore è vivo. Queste donne, siamo anche noi e sono tutte le Ancelle di ieri e di oggi. La nascita di un Istituto, è la storia di un bene compiuto, di un dono ricevuto ed offerto. Ricordare d’essere nate è aprirsi a un sentimento di riconoscenza verso chi ha permesso questa nascita.
La nostra riconoscenza va verso:
la fondatrice che ha assecondato lo Spirito e ha dato inizio al primo nucleo di Ancelle e alle prime attività,
le prime comunità che hanno intrecciato relazioni fraterne per meglio esprimere la missione,
la Chiesa che ha riconosciuto il dono dello Spirito come via e cammino di santità
le sorelle che ora fanno parte della comunità del cielo perché tutte loro hanno contribuito a far crescere la famiglia religiosa secondo la vocazione ricevuta
verso Dio per le Ancelle viventi perché, pur nella riduzione di numero e nella fragilità dei membri, risalta ancora oggi l’opera compiuta dalla Grazia