2 febbraio. La Chiesa celebra la purificazione di Maria e la presentazione di Gesù al Tempio (Lc 2, 22-ss.), dopo i quaranta giorni dalla nascita, secondo il rituale ebraico. Nella tradizione della Chiesa si è unito il rituale della benedizione delle candele, quale simbolo di Gesù, luce e salvezza del mondo. Più tardi, nel pontificato di Papa Giovanni Paolo II, la giornata è dedicata alla vita religiosa consacrata
in quanto i religiosi, e i consacrati in genere, sono chiamati ad accogliere Gesù tra le loro braccia, nella loro vita, e presentarla al mondo con la testimonianza della loro vita. Simeone, infatti, che vive aspettando la venuta del Salvatore, lo riconosce e annuncia a Maria che dovrà percorrere insieme al Figlio, la sua strada “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima” (Lc 1,34-35).
Seguire Gesù non è una decisione presa una volta per tutte, è una scelta quotidiana che si attua nelle fedeltà e nella paziente attesa di riconoscere i segni di contraddizione che rivelano la verità della vita. La vita consacrata, è consapevolezza di aver incontrato il Signore e avere il coraggio, per continuare il Suo cammino nella storia.
Essere consacrati è sentire la vocazione di samaritana: avere sete di acqua pura. Il consacrato sa che non può saziarsi ricorrendo a cisterne screpolate che non possono trattenere l’acqua. Ha bisogno di frequentare sorgenti di acqua viva, per poter far memoria e andare “alla radice”, come spesso richiama Papa Francesco, in modo tale che permetta di vivere con passione il presente e guardare correttamente al futuro.
Guardando al futuro, la vita consacrata deve imparare l’arte di una fedeltà creativa; deve imparare "a riproporre con coraggio l’intraprendenza, l’inventiva e la santità” che sempre l’hanno caratterizzata; deve assumere che il carisma non è solo qualcosa che si deve conservare gelosamente dello scrigno dei ricordi e che si riceve una volta per tutte, ma è un dono sempre vivo e una responsabilità che chiede una risposta sempre nuova. Il carisma è come l’acqua: “quando ristagna imputridisce”. Il carisma è rivoluzione sempre in ogni tempo. Se non dà più notizia, è … vecchio testamento.Se la vita religiosa vuol rispondere alla missione di illuminare il mondo non può essere ridotta a custodire un museo, ma deve lasciarsi sorprendere sempre dalla novità dello Spirito, che fa nuove tutte le cose. Non si tratta di coltivare inutili nostalgie, ma di riscoprire nel carisma la scintilla ispiratrice che lo ha incarnato dentro una storia, con una spiritualità e una traduzione apostolica.
Per continuare a essere faro, fiaccola e sentinella nella notte oscura del tempo, la vita religiosa è chiamata a spogliarsi di qualunque manifestazione di mondanità, e assumere il Vangelo come vademecum, sapendo che “non basta leggerlo, non basta meditarlo: Gesù ci chiede di attuarlo, di vivere le sue parole”. Per abbracciare il futuro con speranza, noi consacrate non possiamo rinunciare a farci “esperti di comunione”, che “promuove e assicura la fattiva partecipazione di tutti” nelle scelte operative e nella testimonianza di una fede che si fa vita. Il carisma, dono ricevuto nella Chiesa e per la Chiesa, non è un patrimonio chiuso da proteggere, piuttosto è la strada per integrarci nel tessuto ecclesiale e sociale in modo vivo e attraente, come lo è stato per la Fondatrice. Se crediamo che la Fondatrice sia morta, è morto anche il carisma e stiamo per morire anche noi.
La costruzione del futuro della nostra vita consacrata passa per la formazione continua che si basa prima di tutto sull’attuazione del carisma ai nostri tempi, sul valorizzare la persona come è, che abbracci tutte le dimensioni della persona, accentuando particolarmente la dimensione umana e cristiana, con i «quattro pilastri»: la vita spirituale, la vita comunitaria, la vita di studio e la vita apostolica, il tutto in interazione, senza sosta e senza limiti di tempo, poiché anche l’anzianità ha la sua forma di apostolicità e vitalità nella Chiesa per il mondo.
La vita consacrata oggi più che mai deve riconoscere che è tempo di camminare, di ascoltare l’invito di Gesù: «Alzati e cammina» (Lc 5, 23) ricordando che nessun carisma nella Chiesa è dato per la persona che lo riceve, ma sempre per l'utilità di tutti. La vita consacrata, sei tu che cammini, nonostante le difficoltà, fidandoti e affidandoti a Cristo “Luce per illuminare le genti”.