Subito dopo aver celebrato la nascita del Figlio di Dio, ecco che la Chiesa ci propone la festa della Santa Famiglia. L’atmosfera del Natale ci fa pensare ad una famiglia ideale, dove tutto è amore e concordia. Ma se leggiamo con attenzione il Vangelo non è questo ciò che traspare.
Fin dall’annuncio dell’angelo Gabriele si può vedere una famiglia travagliata: la nascita del Bambino avviene in circostanze di povertà, al di fuori di una serena convivenza sociale, in una grotta. Continua con la profezia di Simeone che dice senza mezze misure che quel bambino è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione… E anche a te – dice alla Madre - una spada trafiggerà l'anima(Lc 2,34-35).E poi c’è la minaccia di Erode per cui è costretta a fuggire in terra straniera finché sarà richiamata a Nazareth. Ma ancora non trova pace. A dodici anni l‘adolescente Gesù fa preoccupare i due genitori fermandosi a discutere al tempio. E la risposta di quel Gesù al loro richiamo può essere letta come una nuova difficoltà da superare: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Di quale Padre parla? si saranno chiesti i due genitori e aumenta la loro angoscia avvertendo che quel figlio non è loro, ma appartiene a Dio e lo devono lasciare libero di rispondere alla sua vocazione, alla sua missione. È sicuramente una famiglia Santa, ma non è esente dalla sofferenza, dal dubbio, dalla incomprensione. Dove sta allora la differenza con le nostre famiglie e dove queste devono imparare qualcosa? La differenza è tutta qui: Maria “sua madre conservava con cura tutte queste cose nel suo cuore”. Maria non vive in superficie il suo rapporto con Dio, la comunione con Lui l’aiuta a leggere con calma gli avvenimenti, sicura di non sbagliare proprio perché le risuona nel cuore le prime parole dell’Angelo: “nulla è impossibile a Dio…” E le nostre famiglie dovrebbero imparare dalla scelta di Gesù che non cerca l’autonomia a tutti i costi, ma si sottomette, torna a Nazareth e continua a crescere come un figlio d’uomo, accettando anche due genitori che non lo capiscono. Per anni impara l'arte di essere uomo guardando i suoi genitori vivere; accoglie il loro stile e lo trasforma in proposta di vita nel suo insegnamento: beati i poveri, dirà, perché la sua famiglia era povera; beati i puri di cuore, perché i suoi genitori lo erano; beati i miti, perché era la forza della sua famiglia… e così per tutto, tanto da assumere il linguaggio di famiglia per pregare lo stesso Padre celeste chiamandolo “Abbà – papà!”. È in questa famiglia che ha imparato l’arte di amare in modo umano. È questa una famiglia che ha le caratteristiche di ogni famiglia: fragili ma nello stesso momento in cerca di serenità; deboli ma nello stesso momento desiderose di guadare il futuro; serene nel vivere la gioia di servire ma con la paura di non trovare ragioni per sperare. Sia questa Famiglia uno stimolo a conservare con cura le cose di Dio veramente in noi stessi per dire con Agostino. “Stimolato a rientrare in me stesso sotto la Tua guida, entrai nell'intimità del mio cuore e lo potei fare perché Tu ti sei fatto mio aiuto”. Don Luigi Pozzoli in un’omelia disse: “A questo vangelo non chiederò consigli spiccioli per la vita della mia famiglia, chiederò invece idee forza per un'autentica esistenza cristiana: le cose di Dio al centro della vita; non vantare alcun diritto di possesso sui figli; conservare nel cuore con fiducia ciò che oggi non si capisce, un giorno la risposta verrà e sarà luce; crescere al ritmo lento del dialogo e del limite; saper unire Nazaret e Gerusalemme, la città di Dio e la mia casa, perché il Padre bussa alla porta della mia vita innanzitutto con il volto di ogni persona che vive accanto a me”.